venerdì 31 ottobre 2014

Ed eccomi qui, alla tenera età di 32 anni al primo saggio della mia vita.
Dopo aver provato duecento volte e dopo aver ascoltato la stessa canzone per mille volte (e sì, lo confesso, ho ripassato mentalmente la coreografia per giorni interi mentre ero in coda in tangenziale per andare al lavoro accennando anche qualche pezzettino con le braccia in macchina).
Appena messo piede in teatro ho capito la dimensione della cosa.
Non era la saletta parrocchiale dello spettacolino delle medie.
Un anfiteatro da 300 posti e quattro pali in attesa di spinnare orgogliosi.
E poi è successo, tutto e di tutto.
Ci siamo intrecciate i capelli.
Ci siamo truccate. (Brillantini. Più brillantini!)
Perfette sconosciute hanno messo da parte la loro ansia per l’esibizione offrendosi pazientemente di farci i boccoli (eh già, anche la piastra avevamo portato!).
Ci sono stati abbracci nervosi di incoraggiamento e abbracci adrenalinici di soddisfazione.
Ci sono state coreografie ripassate nei corridoi.
Raccomandazioni delle insegnanti.
Risate e confusione. Paura. Eccitazione.
Le esibizioni sbirciate da dietro le quinte, tra le fessure delle porte della sala.
“com’è andata?” “siete state bravissime”
Insignificanti delusioni e enormi rivincite.
Eravamo bellissime. Tutte quante.

C’è stato quel momento interminabile al buio dietro al sipario aspettando il nostro turno, ballando come matte la musica delle ragazze che erano in scena. Minuti eterni. Le gambe che tremano. Le mani che sudano.
Perché la pole è stupenda e implacabile. Non ti lascia una seconda possibilità.
Non devi solo andare a tempo e ricordarti la coreografia.
Se sbagli hai perso la figura. Se sbagli sei per terra. Se sbagli non hai il passaggio giusto per proseguire.
Ma poi ti accorgi che le tue mani non hanno mai stretto quel palo così forte.
I tuoi muscoli non sono mai stati così collaborativi.
Il pubblico non lo vedi.
Ci sei tu, la musica, la luce, la tua “compagna di palo” che ti fa da specchio e una bolla di emozioni.
E poi, alla fine, l’incontro con la propria personalissima cerchia di pubblico.
Emozionati, commossi, entusiasti e – ma sì, per una volta tiriamocela – impressionati da quello che siamo capaci di fare.
Perché se io non sapevo cosa aspettarmi dal saggio è vero che loro non sapevano cosa aspettarsi dalla pole dance.
Fidanzati sotto ricatto, memori dello strazio dei saggi della cugina di terzo grado a cui sono stati trascinati da piccoli.
Gli amici curiosi – siamo onesti – più che della tua esibizione, di vedere una miriade di donzelle in bikini.
I parenti, che ancora non avevano capito bene cosa andavi a fare due sere a settimana con tanto entusiasmo.
Due ore che sono volate, tra coreografie tutte così diverse tra loro e tutte così emozionanti e spettacolari.
Sensuali, acrobatiche, ironiche. Dalle timidine di pole 1 (oui, c’est moi) alle acrobazie mozzafiato pole 5. E poi sexy chair, cerchio, trapezio e tessuti aerei. Da Marilyn Manson alle Spice girls. Da Katy Perry ai Doors.
Non ci siamo fatte mancare proprio nulla.

E alla fine anche chi era lì solo per vedere te ha trattenuto il respiro e ha avuto gli occhi incollati sul palco tutto il tempo.
Non un saggio, ma un vero e proprio spettacolo costruito e studiato dalle nostre insegnanti.
Con noi e per noi.
E’ stato bello?
No
E’ stato stupendo.






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