sabato 25 novembre 2017

Ma il pan di spagna lo hanno inventato in Spagna?

Inizia tutto dalla musica.
Principalmente faccio dolci quando sono triste. Quindi, musica.
Credo esista una qualche regola cosmica per cui non si possano cucinare dolci se sei di cattivo umore.
Se sei di malumore puoi cucinare arrosti, verdure, sughi, puoi spingerti fino alle ricette etniche, attraversare a nuoto brodini e conquistare risotti. Ma non i dolci.
Se sei triste, l’impasto non lieviterà, la panna verrà troppo poco dolce, il forno farà contatto, e la torta (o quel che ne resta) resterà mezza cruda.
Quindi, musica.

Ogni momento ha la sua colonna sonora. Ogni dolce ha la sua musica.
Di solito pesco un cd a caso dalla scatola in salone. Sono quasi tutti roba tipo “i favolosi anni ‘60”, “i mitici anni 90”, “ i supergalattici qualcos’altro”. Se è una giornata particolarmente ostile mi capita in mano un pezzo della collezione personale di mia mamma. Gianni Morandi. Fatti mandare dalla maaaamma. Ok , ci può stare. Se mi capita proprio una roba tremenda, (sì, c’è anche un cd di Whitney Houston ) faccio uno sforzo e opero una scelta.
Ogni dolce ha la sua musica. Va bene affidarsi al fato, ma a tutto c’è un limite.

Quando inizia la musica, inizia il dolce.
Non preparo mai tutti gli ingredienti prima.
Non è vero.
Provo a preparare tutti gli ingredienti prima. Dimentico sempre qualcosa. Oppure metto via una cosa pensando “ok, ora non mi serve più” e mi serve dopo 5 secondi.
Il pan di spagna è un dolce rilassante. Non puoi avere fretta per preparare il pan di spagna.
Il pan di spagna è un dolce che mi innervosisce. Non puoi contare sul pan di spagna perchè non puoi mai sapere come verrà, o peggio, se verrà.
Diciamo che ogni dolce viene sempre diverso da quello precedente, ma il pan di spagna un po’ di più.

La prima cosa che faccio è imburrare e infarinare la teglia. 26 centimetri di diametro.
Un tempo non lo facevo mai. Un tempo mi affidavo al domopack. Poi l’ho fatto una volta, in una qualche ricetta in cui era indispensabile farlo.
Ora lo faccio sempre .Anche quando non serve. E’ una delle mie parti preferite.
Prendi uno sputo di burro, lo microondi per 30 secondi.
Prendi un pennello e lo passi sulla teglia. Sul fondo e sui bordi. Diventa tutto lucido lucido. Il burro sa di buono.
Poi prendi una manciata di farina. Giri e rigiri la teglia. Il lucidino sparisce e diventa tutto bianco e polveroso.

Ecco, ora sei veramente pronto per cominciare.
6 uova, 150 grammi di zucchero, 150 grammi di farina.
Accendi il forno. 180 gradi.
6 uova, 150 grammi di zucchero e una ciotola molto grande.
La parte decisiva comincia così.
Zucchero nella ciotola. Rompi le uova.
Ho sempre desiderato imparare a rompere le uova con una mano sola. Considerato che un uovo è grande quanto la mia mano, non credo avrò mai successo in questa pratica. Considerato poi, che già sbattendo il guscio contro il bordo del tavolo riesco a perdere metà albume per tutta la cucina, penso non sia veramente il caso di provare.
Prendi un frullino elettrico. Se sei fortunato, ci metterai poco a montare le due fruste. Io ci metto 5 minuti.
Avevo dimenticato una cosa : la musica, bella alta. Altrimenti per i prossimi 20 minuti sentirai solo un impietoso vibrare e mescolare elettrico. Nessuna poesia.
Via.
Velocità uno.
Le uova e lo zucchero si mescolano. Niente di particolarmente entusiasmante.
Velocità due.
Le uova e lo zucchero si mescolano e fanno schiumetta. Ancora, nessun miracolo.
Velocità tre.
Le uova e lo zucchero si mescolano, fanno schiumetta e iniziano a spruzzare ovunque.
 Perchè la ciotola è grande ma non abbastanza grande. Anzi, non esiste una ciotola sufficientemente grande per evitare l’inevitabile. O semplicemente perchè sei sfigato.
Bestemmi. Sei una specie di lepoardo color crema.  Mandi a cagare la magia del pan di spagna. Prendi una spugnetta e ripulisci il ripulibile.
A questo punto ti fai furbo. Prendi un rotolo di scottex  e senza staccare i fogli dal rotolo fai una specie di barriera attorno alla ciotola. Tipo grande muraglia.
Te lo dico subito, per evitare illusioni. Anche questo non sarà sufficiente. Però diciamo che aiuta. Dall’effetto leopardato passi all’effetto dalmata. Son soddisfazioni.
Risolto parzialmente il problema, ricominciamo.

Velocità uno, due, tre in rapida successione, perchè ti stanno iniziando un po’ a girare i maroni nel frattempo.
Bisogna girare e girare e girare, col frullino su di giri e probabilmente vicino al punto di fusione, sempre dallo stesso lato.
Pensi di poter trovare una posizione comoda appoggiando il peso del frullino alla ciotola? Errore.
Le fruste devono rimanere sollevate. Ogni tanto puoi spingerti veloce fino al fondo, per recuperare anche quello che è rimasto pesante e denso, più in basso. Per il resto, tuo onere.
Dopo 5 minuti non sarà successo niente, o poco. L’impasto sarà diventato una schiumetta per niente eccitante e il braccio sarà diventato una parte meccanica e vibrante dello sbattitore. 
Cantare in questi casi aiuta.
Giro giro tondo. Casca il mondo.
Dopo 10 minuti  l’impasto inizierà a montarsi,  soffice e vaporoso. Ovviamente ha ricominciato a spruzzare ovunque superando ogni barriera. Ricordandoti di essere solo a metà , perderai ogni interesse riguardo alla faccenda. E l’uso del braccio, ma solo temporaneamente. 
Pregare in questi casi aiuta.
Dopo 15 minuti ci siamo quasi. Ora è veramente leggero e spumoso. Ha una consistenza da tuffo di testa da 10 metri senza paura di farsi male. Morbido. Non senti più il braccio. Hai qualche minuto di smarrimento e ti senti in balia del frullino. E’ lui a muovere te? E’ il mondo che sta girando attorno alla ciotola? Continui per moto involontario automatico. Bestemmiare in questi casi aiuta.
Dopo 20 minuti, non ne puoi più. Decidi di andare da Laganà a comprare un dolce. Continui a frullare per orgoglio, fissando l’orologio. Contare i secondi in questi casi aiuta.
Dopo 23 minuti ti senti fatalista. Sarà quel che sarà. Decidi che è montato a sufficienza. Decidi che se non lo è poco ti importa.
Ti stacchi con una certa soddisfazione dal frullino. Lo butti nel lavandino e decidi di non lavarlo. Anzi decidi che forse non lo laverai mai. Ti trattieni dal farlo a pezzi e buttarlo via.
150 grammi di farina che ovviamente ti sei dimenticato di pesare quando era il momento. Mentre prendi la farina preghi che le uova non si smontino. Tremi al pensiero di sputtanarti in questo modo idiota.
Prendi un simpatico colino. Prendi un simpatico cucchiaio di legno.
Non sono strumenti particolarmente simpatici, ma ripensando al frullino nel lavandino, vorresti quasi limonare con il colino così leggero e immobile.
Inizi a setacciare la farina. Ne fai scendere un po’ nel colino e fai nevicare sopra alla ciotola.
Con il terrore addosso, inizi a mescolare piano col cucchiaio di legno. Dal basso verso l’alto. Senza toccare il fondo. Ancora appena sollevato.
Continui a setacciare la farina. Un po’ per volta. Continuando a chiederti se ne stai buttando troppa assieme o se stai mescolando troppo velocemente.
Il frullino, dal lavandino, ti osserva.
Finisci di mettere tutta la farina. Guardi il bordo della ciotola, dov’era rimasto il segno dell’impasto appena montato. Ti sembra che sia vertiginosamente sceso di volume.
Se sei fortunato, questo è solo un effetto visivo della paranoia. Se sei sfortunato, il pan di spagna verrà abbastanza tremendo.
Versi tutto nella teglia. O almeno, ci provi, visto che una mano continua a tremare compulsiva.
Quando finisci di travasare tutto, con una sensazione di sollievo infinito, infili la  teglia nel forno già caldo.
30 minuti.
Ma 30 minuti probabilmente non saranno sufficienti. A meno che il tuo forno non cuocia perfettamente e uniformemente.

Ti viene l’ansia da cottura.
Spii dal vetro e non riesci a prendere una decisione.
Il pan di spagna si è un po’ gonfiato e sembra perfetto.
Non temere, scenderà e si appiattirà. E’ un processo normale. Il pan di spagna è soffice, ma piatto.
Dopo un po’ , veramente esasperato, tornerai fatalista. Sarà quel che sarà. Il dolce è pronto.
Non lo prendi fuori subito. Spegni il forno. Lo lasci lì un minuto.
Ti fingi disinteressato.
Dopo un minuto non resisti. Fai fare uno scatto alla manopola del forno per accendere la lampadina.
Ti siedi per terra e lo osservi.
Dopo 5 minuti, ti decidi. Lo tiri fuori dal forno. Probabilmente un po’ ti bruci.
Lo appoggi sul tavolo. Probabilmente bruci un po’ anche il tavolo.

Lo osservi e pensi : “cazzo..e il ripieno?”.